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(da il Maestro nn. 1-2/2017)

Utopie cercasi

Giuseppe Desideri

Il dibattito a livello nazionale di questi ultimi mesi si è incentrato sulla data del termine di questa XVII legislatura. Dall’esito del Referendum in poi i toni si sono via via accesi trasformandosi in occasione di polemica e, addirittura, di scontro all’interno degli stessi partiti politici di maggioranza e opposizione. La scadenza naturale del 2018 non è sembrata, poi, così “naturale” e i più vorrebbero andare al voto anticipato. A supporto delle varie tesi, analisi, questioni e richieste legittime, come altrettanto degne di considerazione e valutazione quelle di chi, invece, vorrebbe portare al compimento previsto la legislatura. In mezzo ci sono veleni, accuse, interessi di parte, manipolazioni a uso proprio dei fatti politici. Rimettere al popolo la decisione su a chi affidare il timone è dare senso pieno alla democrazia, altrettanto, però, lo è discutere sull'orizzonte di senso verso cui dirigere la prua della progettualità del Paese. Fra queste direttrici di senso la scuola e l’educazione rivestono una significatività strategica.

Quale sia l’idea di scuola dei diversi soggetti partitici non appare chiara. L’unica cosa certa è che, fatta eccezione per il Pd – o almeno per quel che resta del Pd – il cavallo di battaglia di tutti sarà la contrapposizione a quanto fatto e/o previsto dalla Legge n. 107/2015 e dai decreti delegati che saranno approvati nei prossimi mesi.

Il rischio, infatti, è che gli otto decreti arrivino all'approvazione dopo un ampio dibattito fra addetti ai lavori e che vengano, alla fine, considerati non nei contenuti, più o meno condivisibili, ma  esclusivamente come “prolungamenti” della Legge e, quindi, immediatamente resi inefficaci dal futuro parlamento e derivante governo. Andando al voto allo scadere della legislatura, alcune previsioni dovrebbero essere già attive (quelle relative all’anno scolastico 2017/2018), mentre quelle per cui i tempi di attuazione sono dilatati potrebbero essere rese inefficaci sul nascere. Questa situazione, però, non fa che rendere ancora più preoccupante lo scenario che ci attende.

Essere contro, solamente, e non essere pronti con altre idee consolidate, non è quanto il mondo della scuola si aspetta. A dir la verità va dato atto alla seconda parte della XVII legislatura, e al premier Renzi, di aver voluto riportare la scuola ai primi posti dell’agenda di governo. Il dibattito attivato a livello nazionale è stato qualcosa di cui si sentivano vivi il bisogno e l’esigenza. Le modalità e i contenuti della Buona scuola, invece, sono andati, come ben sappiamo, per certi versi profondamente distanti dalle attese e dalle aspettative createsi. Sembrava che, finalmente, si riprendessero le fila di quei processi innovatori di cui il sistema scuola necessita per essere contemporaneo alle richieste e alle esigenze delle nuove generazioni e della società; invece, le idee, alcune anche con notevole forza propulsiva, si sono via via sgonfiate fino a risolversi in mere soluzioni a problemi. L’orizzonte di senso, spesso, si è perso nei meandri della dialogicità dei meccanismi parlamentari.

Dal dibattito sulle prossime elezioni e dai programmi delle varie forze in campo, ci si aspetta una rinnovata attenzione alla scuola e all’educazione sostanziata in proposte, innovative e non riciclate, sul pieno riconoscimento e valorizzazione della professionalità docente e dirigente; su modalità valutative degli apprendimenti e delle competenze degli alunni; su modalità attuative e realizzative di un’effettiva inclusione e del perseguimento del successo formativo di tutti, ma veramente tutti i nostri alunni.

Potrebbero sembrare obiettivi utopistici e fuori della realtà, ma una cosa accomuna vera educazione e sana politica: trasformare le utopie dell’oggi nel quotidiano di domani.